Campi News - N.7 Aprile 2020

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Carissimi,
vi presentiamo il numero di "Campi NEWS" di Aprile:
con le ultime novità del mese, informazioni su nuovi progetti, interviste e tanto altro!


Carissimi,
in prossimità delle Feste Pasquali anche se in emergenza Coronavirus, desideriamo raggiungervi con il nostro saluto.
Scegliamo di non arrenderci, di continuare ad avere coraggio, accompagnati dalla speranza certa che tutti,
con gesti piccoli o grandi di bene, contribuiamo a far tornare il sereno!

Buona Pasqua a tutti!

Cooperativa Sociale
Campi d’Arte

"Arrendersi è facile, è quasi un sollievo, un riposo.
Mentre rialzarsi richiede di stringere i denti, di resistere al dolore, alla fatica, alla disperazione.
Richiede sforzo, coraggio, un animo impavido e una grande speranza."

- Francesco Alberoni

 


Una storia comune

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Siamo davvero tutti collegati. Non ci sono esistenze che non siano in qualche modo legate in questo mondo.
Il Coronavirus ce lo ha dimostrato senza troppe spiegazioni…
Abbandonata decisamente l’idea del non mi coinvolge, non mi riguarda, domandiamoci quindi piuttosto cosa posso fare io?
Tante persone in questo momento di isolamento si trovano con carichi pesanti, già la limitazione lo è, ma dal nostro piccolo osservatorio siamo consapevoli di tante famiglie in difficoltà, dove relazioni fragili o difficili sono messe a dura prova in questa fase di isolamento sociale e di mancanza di supporto, o dove famiglie e persone con disabilità si sono viste stravolgere routine tanto faticosamente costruite nel tempo.
Che fare allora?
Certamente chi più è vicino per motivi professionali o istituzionali a queste situazioni deve cercare di dare risposta e mettersi in moto, e questo ve lo assicuro lo si sta facendo davvero, insieme, Istituzioni e Terzo settore, Cooperativa e Servizi, sin dal primo momento… ma forse è possibile fare altro, far di più, fare tutti…
I problemi, le difficoltà coinvolgono tutti e per questo sono problemi comuni che possono e devono avere soluzioni che nascono da AZIONI COMUNI!!
E comuni in questo caso significa molto…Comuni perché ricercate insieme. Comuni perché agite insieme. Comuni perché quotidiane e semplici.
Tante volte in questi giorni siamo stati invitati dalle voci più autorevoli, a offrire il nostro sostegno o il nostro aiuto ai vicini di casa anziani che non potevano uscire, andando oltre l’abitudine che spesso riduceva i nostri rapporti al saluto del buongiorno o buonasera. Una cosa semplice, banale, ma al tempo stesso rivoluzionaria.
Sì, perché rivolta, ribalta la visione: l’altro ha bisogno di me… anche se io (apparentemente) non ho bisogno di lui.
Ecco, sentire questo, sentire che altri hanno bisogno di noi, che noi possiamo dare aiuto, superando la paura che ci fa dire "io non c’entro"…
Questo sentire ha un nome semplice, tanto usato, che sembra doverci sempre portare lontano o altrove, ma che invece possiamo vivere già fra le mura domestiche e con i nostri vicini…SOLIDARETA’.
Allora, certamente non elimineremo il virus, non risolveremo le difficoltà che tante famiglie e tante persone fragili stanno vivendo, non accorceremo il tempo di questo isolamento, ma forse, almeno un pochino, renderemo le relazioni, il tempo nostro e di chi in qualche modo entra in contatto con noi o ci vive vicino, migliore, più umano, arricchito dall’idea che “qualcuno si è accorto di me”. Prendersi cura di qualcosa, di qualcuno ha un valore che va aldilà del gesto stesso, di ciò che viviamo ora. Al di là di chi l'ha compiuto, è un gesto che resta, che costruisce, che non finisce… è un piccolo gesto ma diventa bene, bene comune. 
IL BENE COMUNE è certamente l’obiettivo delle Istituzioni, il motivo per cui nascono le Cooperative Sociali, ma non lo possono e non lo potranno, né ora né mai, perseguire e raggiungere da sole.
Ciascuno secondo quanto è chiamato a fare, quanto è in grado di fare… faccia. E che questo possa essere, un tempo che faccia fiorire comunità nuove, comunità unite più attente e solidali, perché tutti viviamo meglio se ci sentiamo accolti, utili, necessari e non soli. Parte di qualcosa… di più grande …una comunità!
Una comunità che costruisce il proprio presente e il proprio futuro, costruisce semplicemente una piccola grande STORIA COMUNE.

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Campi d’Arte resiste e si reinventa, “TUTTI INSIEME”!

Prendendo in prestito una delle metafore utilizzate nei giorni scorsi da Papa Francesco, l’umanità intera è su una barca in mezzo a una terribile tempesta, che speriamo cessi quanto prima. Su questa barca ci siamo tutti, nessuno si può sentire escluso e nessuno si può salvare da solo, ci si salva tutti insieme. Sembra essere proprio questo lo spirito della barca “Campi d’Arte” in questa fase; infatti, al netto di situazioni sicuramente più difficili e drammatiche, la Cooperativa Sociale Campi d’Arte sta reagendo a questo contesto emergenziale cercando di tutelare, per quello che è possibile, in termini legislativi, le attività lavorative a sostegno dei soggetti più deboli.
Le attività nel Laboratorio Protetto Manodopera sono sospese, proseguono però i contatti con le persone con disabilità che lo frequentano e prosegue anche l’impegno quotidiano di tutte le lavoratrici e i lavoratori della Cooperativa. Ovviamente sotto una nuova forma - e in diversi casi reinventandosi - le attività continuano.
“Tutelare il lavoro e il personale” sono presto diventate le parole d’ordine della Cooperativa e sono state trasversalmente condivise in primo luogo da parte di chi sta al “timone della barca”. Attraverso uno sforzo notevole che ha coinvolto tutte le strutture e le aree della cooperativa – e che ha visto la collaborazione e la disponibilità di tutti i soci e di tutto il personale – queste parole si sono concretizzate nella realtà. Gli sforzi sono stati notevoli: sia per dotare tutti degli strumenti e delle piattaforme necessarie per comunicare a distanza, sia per far quadrare i conti, ma anche per inventarsi nuove forme di relazioni e interazioni educative.
Dunque, per utilizzare anche una metafora molto cara a Campi d’Arte, la rappresentazione teatrale continua, con un impegno straordinario degli attori, dei registi, di chi sta dietro le quinte, dei tecnici e ovviamente degli spettatori. Sperando che, quanto prima, possiamo tornare ad abbracciarci (tutte e tutti) e a vederci magari proprio a teatro o in uno dei tanti nostri laboratori o mercatini, utilizzando i collegamenti virtuali e tecnologici come aiuti e opportunità importanti, ma non necessari.

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Scriviamo anche noi su CAMPI NEWS

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La finalità del progetto “Scriviamo anche noi su Campi News” è quella di creare uno spazio all’interno del nostro “giornalino multimediale” dove le persone che frequentano il Laboratorio Mandopera possano esprimere e valorizzare le proprie capacità e competenze, ribaltando il proprio ruolo. 

La persona coinvolta, in questo spazio, può esprimersi portando parte di sé, attraverso un canale di comunicazione più efficace.

Entrando nella redazione del giornale una persona che frequenta il laboratorio può contribuire ad erogare un servizio dove i fruitori sono l’altri, i lettori diventano destinatari e possono valutare il lavoro svolto.

Gli obiettivi generali sono i seguenti:

  • Ampliare il proprio know how attraverso “l’imparare facendo”.
  • Stimolare la riflessione del proprio sé in relazione all’ “altro” e al contesto.
  • Valorizzare le proprie capacità e punti di forza.
  • Aumentare l’autostima e il senso di autoefficacia. 

Gli obiettivi specifici sono i seguenti:

  • Acquisire competenze tecniche legate allo strumento utilizzato (come funziona una redazione, come si scrive un’editoriale, ecc.).
  • Comprendere la dimensione relazionale della “redazione” all’interno della quale operare ed interagire e gestire i propri aspetti caratteriali: contenimento della propria autoreferenzialità, adeguamento alle esigenze redazionali e di comunicazione.
  • Valorizzare la propria capacità riflessiva e comunicativa, con particolare attenzione alle competenze legate alla metafora e all’ironia.
  • Creare uno spazio specifico dedicato alla persona con disabilità, che gli consenta di far emergere le proprie capacità, confrontandosi con gli educatori e responsabili della redazione, per implementare il suo sentirsi efficace con positive ripercussioni di autostima. 

Questa è una vera e propria sperimentazione progettuale e la fase iniziale prevede un incontro congiunto tra la persona con disabilità, l’educatore ed il responsabile di redazione, durante il quale si condividono obiettivi, contenuti, modalità ed “esigenze editoriali”, in seguito al quale si procederà con la stesura degli scritti o di qualsiasi altro elaborato (disegni, foto, video e vari contenuti multimediali).
Gli incontri sono definiti in base alle uscite del giornale e della newsletter, ma possono essere anche specificatamente indirizzati per realizzare materiale da diffondere sui nostri canali social.
In prospettiva si farà anche una valutazione del progetto insieme ai soggetti protagonisti, sulla base dei feed-back ricevuti e delle idee dei partecipanti coinvolti. Il tutto, sempre in un’ottica di condivisione con la redazione e l’educatore di riferimento.

 


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Le criticità nell’emergenza
 
La relazione educativa ai tempi del Corona Virus

Emergenza, emergenza, emergenza. Questa è la parola con la quale tutti abbiamo dovuto prendere familiarità nelle ultime settimane. Investiti da una situazione nella quale un composito immaginario di narrazioni fantascientifiche ha assunto contorni estremamente reali. Le situazioni emergenziali spontaneamente interrogano il passato, costringono a ripensare il presente, fanno necessariamente guardare al futuro. Qualunque condizione di eccezionalità alimenta preoccupazione, soggettiva e collettiva, viene spontaneo guardarsi indietro alla ricerca di Spiegazioni, di possibilità di cambiamento ma anche di colpevoli e responsabilità.
L’emergenza racconta e rende più chiari pezzi di storia che dicono molto sulle nostre società “avanzate”, nelle quali sempre più spesso settori come la Sanità, l’Istruzione, la Ricerca e l’intero sistema del Welfare non vengono considerati strategici e produttivi e, per questo, scarsamente supportati e finanziati. Questo è il primo pensiero che si è formato, esplosa la situazione. Quando la parola emergenza ha riempito pagine dei giornali - e ore della programmazione televisiva - non mi risultava estranea, nonostante l’evidente eccezionalità del  momento.
Emergenza non è una parola che può essere estranea per chi si occupa di servizi socio-sanitari, assistenziali e di prossimità, siano essi dipendenti pubblici o del mondo del privato sociale. L’emergenza entra spesso nella quotidianità del nostro lavoro, pur in forme più private, resilienti e silenziose.
Il virus colpisce tutti indistintamente, non fa differenze sociali, questo ci viene giustamente detto e ripetuto. E’ un dato medico-scientifico indiscutibile, così come è indiscutibile che le differenze sociali e le criticità preesistenti pesano molto nella gestione quotidiana delle misure di emergenza. Le misure d’isolamento pesano moltissimo sulle famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, su chi non ha casa né tutele e garanzie, sulle persone con disabilità che vedono compromessi l’apprendimento, le attività quotidiane e le loro relazioni sociali al di fuori dei contesti famigliari; pesa su quegli studenti che non hanno accesso alle tecnologie, sulle famiglie che non hanno spazi domestici adeguati, sulle situazioni ad alta conflittualità, su quei genitori e figli che non possono incontrarsi senza la mediazione di un educatore, sui minori in situazioni di pregiudizio, su tutte le situazioni di criticità e fragilità in cui, come educatori, siamo chiamati ad  intervenire nell’ordinario.
Per questo abbiamo dovuto ripensare il presente del nostro lavoro e, insieme ai nostri referenti del Distretto Socio-Sanitario, si è cercato di affrontare queste ulteriori criticità nel contesto dell’emergenza globale, consapevoli della ancor più marcata centralità del nostro ruolo in questa situazione.
Pur mantenendo attivi alcuni interventi diretti “di persona”, constatandone e condividendone l’essenzialità, abbiamo riformulato la stragrande maggioranza del nostro lavoro in interventi e forme di supporto a distanza, come hanno fatto tante altre realtà del privato sociale.
Ci siamo chiesti come la relazione educativa - che consideriamo il motore del nostro agire - potesse prendere forma e sostanza su un piano virtuale e non fisico.
Ci siamo chiesti come la condivisione di esperienze tra gli educatori e i ragazzi (ed i loro famigliari) potesse essere mantenuta pur non vedendosi fisicamente, affrontando nel contempo difficoltà tecniche e la forzata rinuncia alle tante sfumature così essenziali nel nostro lavoro: un abbraccio, un lavoro fatto fianco a fianco, uno sguardo, un sorriso, una parola o un rimprovero detti con quel tono particolare e non sempre percettibile attraverso uno schermo; così come situazioni di stacco e leggero allontanamento, a volte necessarie e funzionali al progredire della relazione educativa. Abbiamo deciso quindi di ripartire proprio dall’esperienza comune che stiamo vivendo, che necessariamente mette tutti, “operatori” e “utenti” all’interno della medesima cornice, condividendo questa esperienza e gli stati d’animo ad essa legati. Abbiamo cercato di garantire in primo luogo ascolto ai ragazzi e alle famiglie, di aiutare a fare chiarezza - nei limiti delle possibilità e delle competenze – sui diversi decreti, ordinanze e indicazioni che si sono succedute in queste settimane; abbiamo implementato le attività rispetto all’ambito scolastico, supportando la didattica on line e cercando, insieme agli Istituti scolastici e ai servizi del territorio, di facilitarne la fruizione per quei ragazzi e quelle famiglie in difficoltà (materiali e non); abbiamo, infine, cercato di ripensare le consuete attività relazionali e ludiche in forma diversa, attingendo alle infinite possibilità che può fornire la Rete: attraverso semplici applicazioni si possono fare disegni comuni anche a distanza, si può lavorare insieme alla costruzione di un brano musicale, si possono fare giochi semplici a due o elaborare attività di gruppo, così come si può fare una semplice chiacchierata, magari approfittando di questo spazio - un po’ sospeso - per rielaborare i propri percorsi e guardare al futuro, ripensando e aggiornando obiettivi e, perché no, sogni e aspirazioni.
La relazione educativa viene quindi compromessa in questa fase? Certamente viene messa particolarmente in difficoltà rispetto alla perdita di quell’immediatezza e spontaneità che l’incontro fisico favorisce ma, al tempo stesso, può trarre elementi di innovazione e possibilità nuove. Ho sempre pensato che l’educatore debba essere una figura professionale in grado di leggere il reale, flessibile mentalmente e portato all’innovazione e che, per formazione e indole, sia abituato a trarre possibilità dove si fa fatica a vederne, incline a vedere il possibile oltre lo stato di fatto apparente. Una figura in grado di creare ponti e aperture per entrare e far entrare l’altro. Credo che sia necessario continuare a fare questo: costruire vie di comunicazione, garantire accessi e possibilità.
Analizzare il passato, ripensare il presente e guardare al futuro scritto inizialmente. Guardando al futuro vengono spontanee tre considerazioni:
L’intervento diretto, il vedersi fisicamente, risulta e risulterà sempre fondamentale in qualunque tipo di relazione, così come è evidente che qualunque relazione significativa non si perde con la distanza fisica, se capace di reinventarsi e autoalimentarsi in altre forme.
Ogni situazione emergenziale lascia strascichi, scorie e, purtroppo, a volte macerie: per questo siamo ben consapevoli che ad emergenza finita dovremo lavorare per ricostruire condivisione, cooperazione e relazioni sociali, per implementare ulteriormente “lavoro di rete” così fondamentale sui servizi socio-educativi, per rielaborare, soggettivamente e collettivamente, quanto successo e per ricostruire e rafforzare un senso di comunità. Dovremo farlo attraverso progetti specifici e attraverso un’azione quotidiana e capillare.
Nel farlo sarà necessario mettere a valore un’esperienza per quanto critica e drammatica. Elaborando e condividendo questo vissuto comune (auspicando che sia il più breve possibile) e collocando nella nostra personale cassetta degli attrezzi tutti gli strumenti che abbiamo utilizzato e implementato in questa fase emergenziale, consapevoli che un computer, un telefono, una connessione internet - persino il tanto criticato videogioco “Fortnite” - possono essere strumenti, esattamente al pari di libri, film, attività espressive e manuali da svolgere di persona. Ogni cosa può diventare un tassello per la costruzione di quei ponti e aperture a cui si faceva riferimento.
Leggere il reale, guardare al possibile, cogliere opportunità… anche nell’emergenza.

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